mercoledì 26 maggio 2010

VIVIR BIEN. Proposta di modello governativo in Bolivia.


Bolivia.

In un’intervista, il ministro degli Esteri ed esperto in cosmovisione andina, Davis Choquehuanca, spiega i principali aspetti di questo progetto che ha come fulcro centrale la vita e la natura.

Il Vivir Bien, il modello che cerca di implementare il governo di Evo Morales, può essere brevemente riassunto come il vivere in armonia con la natura riprendendo quei principi ancestrali delle culture della regione secondo cui l’essere umano si colloca al secondo posto rispetto all’habitat ambientale.
Il ministro David Choquehuanca, uno degli studiosi aymaras di questo modello ed esperto in cosmovisione andina, ha spiegato i dettagli di questi princìpi riconosciuti nell’articolo 8 della Costituzione Politica dello Stato (CPE nell’acronimo boliviano, N.d.T.): “Vogliamo tornare a Vivere Bene, il che significa che ricominceremo a valorizzare la nostra storia, la nostra musica, i nostri abiti, la nostra cultura, la nostra lingua, le nostre risorse naturali; successivamente, recupereremo tutto ciò che è nostro e torneremo a essere ciò che siamo stati”.

L’articolo 8 della CPE stabilisce che “Lo stato assume e promuove come princìpi etico-morali della società plurale: ama qhilla, ama llulla, ama suwa (non essere fiacco, non essere bugiardo, non essere ladro), suma qamaña (vivere bene), ñandereko (vita armoniosa), teko kavi (vita buona), ivi maraei (terra senza male) qhapaj ñan (cammino o vita nobile). Il ministro ha sottolineato la sua distanza dal socialismo

e ancor più dal capitalismo in quanto il primo cerca di soddisfare le necessità dell’uomo mentre invece per il secondo ciò che più conta è il denaro ed il plusvalore.
Secondo Choquehuanca il Vivir Bien è un processo appena iniziato e che poco a poco si intensificherà. Per noi che apparteniamo alla cultura della vita ciò che più importa non è il denaro né l’oro e nemmeno l’uomo (che è invece all’ultimo posto). Ciò che invece importa sono i fiumi, l’aria, le montagne, le stelle, le formiche, le farfalle […]. L’uomo per noi è all’ultimo posto; ciò che più importa è la vita.


Nelle culture;

Aymara: Anticamente chi popolava le comunità Aymara in Bolivia, aspirava a diventare quamiris (persone che vivono bene).

Quechuas: Allo stesso modo, le persone appartenenti a questa cultura aspiravano ad essere qhapaj (gente che vive bene). Un benessere che, però, non è quello economico.

Guaraníes: Il guaraní aspira sempre ad essere una persona in armonia con la natura sperando di poter divenire un giorno iyambae.

Il Vivir Bien dà priorità alla natura piuttosto che all’uomo.
Sono queste le caratteristiche che lentamente il nuovo Stato Plurinazionale implementerà.


Priorità alla vita.

Vivir Bien significa vivere in una comunità in cui tutti coloro i quali ne fanno parte si preoccupano per tutti. Ciò che più importa non è l’uomo (come definisce il socialismo) né il denaro (come afferma il capitalismo), ma la vita. Si cerca un’esistenza più semplice. Lo scopo è quello di creare armonia tra natura e vita con l’unico obiettivo di salvare il pianeta e dare priorità all’umanità.


Accordarsi consensualmente.

Vivir Bien è cercare consenso fra tutti il che significa che, a prescindere dalle differenze tra le persone, nel momento in cui ci si confronta è possibile raggiungere un punto neutrale che coinvolga tutti senza provocare conflitti. “Non siamo contro la democrazia ma cercheremo di analizzarla a fondo perché democrazia significa anche sottomissione e sottomettere il prossimo non è vivere bene”, ha spiegato il ministro David Choquehuanca.


Rispettare le differenze.

Vivir Bien significa rispettare l’altro, saper ascoltare senza discriminazione o sottomissione chiunque desideri parlare. Non si parla di tolleranza, ma di rispetto e, benché ogni cultura e ogni regione abbia il suo proprio punto di vista, per vivere bene e in armonia è necessario rispettare tali differenze. Si tratta di una dottrina che coinvolge tutti gli esseri che abitano questo pianeta, comprese le piante e gli animali.


Vivere in complementarietà.

Vivir Bien è dare priorità alla complementarietà, il che significa che tutti gli esseri umani del pianeta devono essere complementari all’altro. Nelle comunità il bambino è complementare all’anziano, l’uomo alla donna, ecc. L’esempio esposto dal ministro è quello dell’uomo che non deve uccidere le piante in quanto complementari alla sua esistenza e di supporto alla sua sopravvivenza.


Equilibrio con la natura.

Vivir Bien è condurre una vita in equilibrio con tutti gli esseri di una comunità. Come per la democrazia, anche la giustizia è un concetto da escludere perché, secondo il ministro David Choquehuanca, tiene in considerazione solo le persone all’interno di una comunità e non ciò che invece è più importante: la vita e l’armonia dell’uomo con la natura. È per questo che il Vivir Bien aspira ad una vita equa e senza esclusioni.


Difendere l’identità.

Vivir Bien è valorizzare e recuperare la propria identità. In questo nuovo modello l’identità delle popolazioni è molto più importante della dignità. L’identità è godere pienamente di una vita basata su quei valori che hanno resistito per oltre 500 anni (dalla conquista spagnola), che sono stati ereditati da quelle famiglie e da quelle comunità che hanno vissuto in armonia con la natura e con l’intero cosmo.


Uno degli obiettivi principali del Vivir Bien è recuperare l’unione tra tutte le popolazioni.
Il ministro degli Esteri, David Choquehuanca, ha spiegato che anche il saper mangiare, bere, danzare, comunicare e lavorare rappresentano alcuni degli aspetti fondamentali.


Accettare le differenze.

Vivir Bien è rispettare le somiglianze e le differenze tra gli esseri che popolano lo stesso pianeta. Va molto più in là del semplice concetto di diversità. “Non c’è unione nel concetto di diversità ma somiglianza e differenza perché quando si parla di diversità si parla solo di persone”, afferma il ministro. Questo concetto significa che gli esseri somiglianti o differenti non devono mai ferirsi.


Dare priorità ai diritti cosmici.

Vivir Bien è dare priorità ai diritti cosmici piuttosto che ai Diritti Umani. Quando il Governo parla di cambiamento climatico, si riferisce anche ai diritti cosmici (assicura il ministro degli Esteri). “Per questo il Presidente Evo Morales sostiene che sarà più importante parlare di diritti della Madre Terra piuttosto che di Diritti Umani”.


Saper mangiare.

Vivir Bien è saper alimentarsi, saper combinare i cibi adeguati secondo le stagioni dell’anno (alimenti stagionali). Il ministro degli Esteri, David Choquehuanca, spiega che tale aspetto deve essere affrontato in base alle pratiche degli antenati i quali usavano alimentarsi con un solo determinato prodotto per un’intera stagione. Sottolinea che alimentarsi bene garantisce il nostro stato di salute.


Saper bere.

Vivir Bien è saper bere alcool con moderazione. Nelle comunità indigene ogni festa ha un suo significato e l’alcool è presente nelle cerimonie ma, ciò nonostante, lo si consuma con moderazione senza esagerare o recar danno a qualcuno. “Dobbiamo saper bere; nelle nostre comunità esistevano vere e proprie feste legate alle varie stagioni, ma non significa entrare in un locale, avvelenarsi di birra e uccidere i nostri neuroni”.


Saper danzare.

Vivir Bien è saper danzare, non semplicemente saper ballare. La danza è legata ad alcuni eventi concreti come la raccolta o la semina. Le comunità continuano ad onorare la Pachamama con la danza e con la musica soprattutto nei periodi legati all’agricoltura; nelle città le danze originarie vengono considerate espressioni folkloriche. Nella nuova dottrina si rinnoverà il vero significato della danza.


Saper lavorare.

Vivir Bien è considerare il lavoro una festa. “Il lavoro per noi è felicità”, dice il ministro David Choquehuanca, il quale sottolinea che, a differenza del capitalismo in cui chi lavora viene pagato, nel nuovo modello di stato Plurinazionale si riprende la teoria ancestrale del lavoro inteso come festa. È un modo di crescere e per questo nelle culture indigene si lavora fin da piccoli.


Recuperare il abya laya.

Vivir Bien è promuovere l’idea che i popoli si uniscano in una grande famiglia. Per il ministro questo implica che tutte le regioni del paese si ricostituiscano in quello che, ancestralmente, era considerata una grande comunità. “Questo concetto deve estendersi a tutti i paesi ed è per questo che consideriamo buon segno il fatto che tutti i Capi di Stato stiano cercando di riunire tutte le popolazioni e tornare a essere il Abya Laya di un tempo”.


Reintegrare l’agricoltura.

Vivir Bien è reintegrare l’agricoltura nelle comunità. Parte della dottrina del nuovo Stato Plurinazionale è recuperare le forme di convivenza all’interno della comunità come il lavoro della terra e la coltivazione di quei prodotti che possono coprire le necessità basiche per il sostentamento. Saranno devolute terre alle comunità in modo che si generino le economie locali.


Saper comunicare.

Vivir Bien è saper comunicare. Il nuovo Stato Plurinazionale vuole recuperare la comunicazione che esisteva nelle comunità ancestrali. Il dialogo è il risultato di questa buona comunicazione di cui parla il ministro. “Dobbiamo comunicare come facevano un tempo i nostri padri, risolvendo i problemi senza conflitti. Non possiamo perdere questa capacità”.

Il Vivir Bien non significa “vivere meglio”, come propone il capitalismo
Tra le norme stabilite dal nuovo modello di Stato Plurinazionale figurano: il controllo sociale, la reciprocità ed il rispetto per la donna e per l’anziano.


Controllo sociale.

Vivir Bien è realizzare un controllo obbligatorio tra gli abitanti di una comunità. Il ministro Choquehuanca ha affermato che “si tratta di un controllo diverso da quello proposto dal Movimento de Participación Popular che è stato rifiutato da alcune comunità, in quanto riduceva la reale partecipazione della gente”. In passato “tutti controllavano le funzioni delle autorità principali”.


Lavorare in reciprocità.

Vivir Bien è recuperare nelle comunità il concetto di reciprocità. Tra le popolazioni indigene questa pratica è detta ayni, niente di più che la restituzione, sotto forma di lavoro, dell’aiuto prestato da una famiglia in un'attività agricola come la semina o la raccolta. “Si tratta di uno dei tanti princìpi e dei codici che ci garantiscono equilibrio di fronte alle grandi siccità”, spiega il ministro degli Esteri.


Non rubare e non mentire.

Vivir Bien è basarsi nel “ama sua y ama qhilla” (non rubare e non mentire in lingua quechua). È uno dei precetti inclusi nella nuova Costituzione Politica dello Stato Boliviano che il Presidente ha promesso di rispettare. Allo stesso modo, per il ministro è fondamentale che tra le comunità questi princìpi siano rispettati in modo da raggiungere benessere e fiducia tra i suoi abitanti. “Sono tutti codici da seguire per poter vivere bene in futuro”.


Proteggere i semi.

Vivir Bien è proteggere e conservare i semi perché in futuro si evitino i prodotti transgenici. Il libro “Vivir Bien, come risposta alla crisi globale” della cancelleria boliviana specifica che una delle caratteristiche di questo nuovo modello è preservare l’ancestrale ricchezza agricola attraverso la creazione di banche dei semi che evitino l’uso dei prodotti transgenici che incrementano la produttività; si tratta di una miscela chimica in grado di danneggiare e distruggere i semi millenari.


Rispettare la donna.

Vivir Bien è rispettare la donna perché rappresenta la Pachamama, la Madre Terra, capace di generare la vita e di prendersi cura di tutti i suoi frutti. Per questi motivi, all’interno delle comunità, la donna è valorizzata ed è presente in tutte le attività orientate alla vita, all’educazione e alla rivitalizzazione della cultura. Coloro i quali vivono nelle comunità indigene considerano la donna come base dell’organizzazione sociale poiché è lei che trasmette ai suoi figli la conoscenza della sua cultura.


Vivere bene e non meglio.

Vivir Bien non significa “vivere meglio”, concetto questo generalmente legato al capitalismo. Per la nuova dottrina dello Stato Plurinazionale, vivere meglio si traduce nella parola egoismo, disinteresse per gli altri, individualismo ed interesse unico nel profitto. La nuova dottrina considera quella capitalista fautrice dello sfruttamento delle persone al solo scopo di arricchire i pochi, mente il Vivir Bien guarda a una vita più semplice in grado di sostenere una produzione equilibrata.


Recuperare risorse.

Vivir Bien è recuperare la naturale ricchezza del proprio paese e permettere che tutti beneficino di tale ricchezza in maniera equilibrata ed equa. Lo scopo della dottrina del Vivir Bien è anche quello di nazionalizzare e recuperare le imprese strategiche del territorio nell’ambito dell’equilibrio e della convivenza tra l’uomo e la natura in contrapposizione ad uno sfruttamento irrazionale delle risorse naturali. “Innanzitutto bisogna dare priorità alla natura”, ha aggiunto il ministro.


Esercitare la sovranità.

Vivir Bien è esercitare la sovranità nazionale partendo dalle comunità. Secondo il libro “Vivir Bien come risposta alla crisi globale” questo significa che raggiungeremo la sovranità attraverso un consenso comunale capace di definire e di costruire unità e responsabilità a favore del bene comune e senza esclusione alcuna. In questo stesso contesto si ricostruiranno comunità e nazioni, allo scopo di istituire una società sovrana che governi in armonia con l’individuo, con la natura e con il cosmo.


Fare buon uso dell’acqua.

Vivir Bien è distribuire l’acqua in modo razionale e fare di questo bene un uso corretto. Il ministro degli Esteri sostiene che l’acqua è il latte degli esseri che abitano il pianeta. “Abbiamo tanto: risorse naturali, acqua… La Francia, per esempio, non ha né la quantità di acqua né la quantità di terra che possiede il nostro paese, eppure non esiste nessun Movimento Senza Terra. Dobbiamo valorizzare ciò che abbiamo e preservarlo il più possibile; questo significa Vivere Bene”.


Ascoltare gli anziani.

Vivir Bien è leggere le rughe degli anziani per riprendere il cammino. Il ministro sostiene che gli anziani delle comunità rappresentano una delle principali fonti di conoscenza essendo custodi di storie e tradizioni che si perdono con il passare degli anni. “I nostri anziani sono biblioteche ambulanti e dunque dobbiamo sempre imparare da loro”, afferma. È per questo che nelle comunità indigene del paese gli anziani sono rispettati e consultati.



Traduzione di Silvia Dammacco

lunedì 24 maggio 2010

Federico Aldrovandi, ucciso dalla polizia senza una ragione.


Ferrara, via dell’Ippodromo. All’alba del 25 settembre 2005 muore a seguito di un controllo di polizia Federico Aldrovandi, 18 anni. Dopo due anni di coperture e reticenze, durante i quali le versioni ufficiali sposavano la tesi della morte per overdose e dell’innocenza dei tutori dell’ordine, il 20 ottobre 2007 è iniziato il processo a quattro agenti. Omicidio colposo l’ipotesi di reato per i poliziotti che avrebbero “cagionato o comunque concorso a cagionare la morte” di Federico per non aver chiamato il soccorso medico, ingaggiando al contrario “una colluttazione in maniera imprudente pur trovandosi in evidente superiorità numerica”. Mentre il ragazzo implorava aiuto e chiedeva agli agenti di fermarsi “con la significativa parola basta, lo mantenevano ormai agonizzante ammanttato con la faccia in giù”.
Nel nostro speciale i resoconti di tutte le udienze. I consulenti di parte civile attribuiscono il decesso alla concausa di fattori (dovuti al comportamento degli agenti) che avrebbero portato all’asfissia e non agli stupefacenti, per quelli della difesa Federico sarebbe morto anche a casa per le sostanze assunte. A novembre 2008 il “colpo di scena”, agli atti del processo una foto che mostrerebbe inequivocabilmente come causa di morte sia un ematoma cardiaco causato da una pressione sul torace, escludendo ogni altra ipotesi. Su questa immagine è acceso il dibattito, nelle ultime udienze della fase istruttoria, tra i periti chiamati a deporre dai legali dalla famiglia e quelli della difesa. Infine la condanna degli agenti. Il giudice: «Ucciso senza una ragione».


.Tre dei poliziotti condannati per l’omicidio di Aldro querelano la madre.

Patrizia Moretti chiamata a comparire in tribunale per diffamazione. Sul blog
dedicato a Federico le parole piene d’amarezza del marito Lino.


«Questa mattina sono andato a prendere in posta un atto giudiziario indirizzato a Patrizia, mia moglie, la mamma di Federico, la madre di mio figlio ucciso il 25 settembre 2005 da quattro individui in divisa, come da sentenza del 6 luglio 2009. Credevo a una violazione magari al codice della strada…»

E invece Lino Aldrovandi, come racconta sul blog dedicato al figlio, si trova davanti ad una «una fissazione di udienza per il 18 giugno 2010 presso il Tribunale di Mantova» per Patrizia Moretti e per due giornalisti dell’agenzia Ansa e del quotidiano Nuova Ferrara, accusati di diffamazione a mezzo stampa in relazione ad un’intervista nel 2008.

Prosegue il padre di Federico: «Quello che mi fa più male è il fatto che il Pubblico Ministero aveva richiesto l’archiviazione per questo fatto specifico» ma i querelanti, tre dei quattro poliziotti condannati in primo grado per eccesso colposo in omicidio colposo, «hanno pensato bene di non accettarla e di avvalersi del rito dell’opposizione»

Nell’articolo in questione, apparso sul quotidiano La Nuova Ferrara il 5 luglio 2008, Patizia Moretti confrontava il caso Aldrovandi con quello, analogo, di Riccardo Rasman, concludendo: «Noi, io e Giuliana, la sorella di Riccardo, non consideriamo quelle persone come rappresentanti delle istituzioni, ma solo come delinquenti». Per questa frase si troverà tra un mese sul banco degli imputati.

Federico fu fermato da quei tre poliziotti, tutt’ora in servizio, e dal loro collega, all’alba, di ritorno da una serata di divertimento a Bologna, e furono le ultime persone che vide prima di morire, il volto tumefatto e il corpo pieno di lividi. Asfissia posturale, dice la sentenza di primo grado: dopo una colluttazione, violenta al punto che i manganelli dei poliziotti si spezzarono, lo ammanettarono costringendolo a terra prono, di peso. Gli mancò l’ossigeno e morì. Ucciso senza alcuna ragione.

Con quali parole si possono definire persone che inferiscono sui genitori di questo ragazzo trascindandoli in tribunale?

Per saperne di più:
http://federicoaldrovandi.blog.kataweb.it/